NON TI VA DI CERCARE UN LAVORO? BYE BYE ALL’ASSEGNO DIVORZILE

Quasi 50 anni di età, buone condizioni di salute ma poca voglia di cercare un lavoro. Queste caratteristiche inchiodano la donna alle proprie responsabilità e giustificano la richiesta dell’ex marito, richiesta mirata a vedere revocato definitivamente il suo obbligo di versare un assegno divorzile all’ex moglie (Cassazione, ordinanza n. 2653/21, sez. VI Civile – 1, depositata oggi).

In Corte d’Appello l’uomo vede accolta la sua richiesta: i Giudici revocano l’assegno divorzile di 200 euro posto a suo carico e da versare mensilmente all’ex moglie. Decisiva, in questa ottica, la valutazione delle possibilità economiche e lavorative della donna.

Proprio su questo fronte il legale che rappresenta la donna contesta la decisione presa dai giudici di secondo grado e pone in evidenza, a sostegno dell’ipotesi del riconoscimento dell’assegno divorzile in favore della sua cliente, «il tenore di vita goduto dalla famiglia in costanza di matrimonio» e «l’aumento dell’età della donna» con conseguente «difficoltà di reinserimento nel mondo del lavoro, da cui si è allontanata circa venti anni fa».

Allo stesso tempo, il legale contesta la astratta valutazione di «idoneità all’attività lavorativa» della sua cliente, e poi aggiunge che, comunque, «anche ove ella avesse ripreso a svolgere attività lavorativa, ciò non le avrebbe potuto assicurare l’indipendenza economica».

Tutte le obiezioni proposte dall’avvocato della donna si rivelano però inutili. I Giudici della Cassazione, difatti, confermano la revoca dell’assegno divorzile, per la gioia, ovviamente, dell’ex marito.

In prima battuta viene osservato che in secondo grado si è considerato che «la famiglia godeva di un tenore di vita non elevato» e che la donna ha intrapreso «una convivenza more uxorio» con un nuovo compagno.

Centrale però è soprattutto il riferimento alle possibilità economiche e lavorative della donna.

Su questo fronte i Giudici della Cassazione condividono la linea tracciata in Appello, laddove si è «tenuto conto dell’età, non particolarmente avanzata, della donna (46 anni), dell’assenza di patologie o condizioni di salute ostative all’attività lavorativa – addetta alle pulizie – già svolta occasionalmente, nonché della situazione economica complessiva» e, infine, «di un atteggiamento rinunciatario della signora a trovare un’occupazione».

AVV. CARLO IOPPOLI – PRESIDENTE AVVOCATI FAMILIARISTI ITALIANI


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