Conoscere e capire per valutare: un polverone intorno al condiviso bis (la posizione di Marino Maglietta)

Marino Maglietta – Chi è stato presente all’incontro in Senato del 26 luglio e ha frequentato siti e blog in tempi recenti (ad es. Mantenimento diretto) può avere avuto l’impressione che esista una feroce disputa di tipo personalistico tra me e Vittorio Vezzetti e che l’illustre sconosciuto sottoscritto, traditore della patria oltre che di crassa ignoranza, remi contro e pugnali inopinatamente alla schiena gli unici soggetti che si battono seriamente ed efficacemente per i diritti dei figli. Questo messaggio, strettamente associato alla proposizione del modello di “affidamento materialmente condiviso”, sta passando e lo considero francamente rovinoso, non per quanto viene detto di me – che non mi appassiona, come direbbe Giorgia Meloni – ma perché è del tutto fuorviante e può vanificare gli sforzi che molte associazioni stanno facendo con esiti brillanti a livello sia nazionale che locale (metto al primo posto i “Papà separati Liguria”).

    Dunque, per arrivare a conclusioni attendibili penso necessario riportare copia e incolla le prese di posizione nel tempo dei vari gruppi, sia politici che associativi (che hanno ispirato quelli politici).

Nel ddl 957 (29 luglio 2008) – partito dal centro-destra ma del tutto trasversale (firmato, in particolare anche dalla Lega, sen. Bondi, e perfino dalla SVP) – si legge sul punto più qualificante al quale mi limito: “… il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi [genitori], di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi pariteticamente, salvi i casi di impossibilità materiale”. Questa formulazione si ripete identica nel ddl 2454 (radicali, 16 novembre 2010) nonché nelle proposte dei cattolici (Serra, Giovanardi) e viene approvata dalla Commissione Giustizia del Senato, pur non diventando legge. Nella legislatura successiva il Movimento 5 stelle (firme di Bonafede, Fraccaro, Ferraresi, Giulia Sarti ecc.) deposita alla Camera la pdl  !403  (22 luglio 2013) dove sul punto si legge: “Anche dopo la separazione dei genitori, il figlio minore ha il diritto, nel proprio esclusivo interesse morale e materiale, di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi [genitori], di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi, con paritetica assunzione di responsabilità e di impegni e con pari opportunità per i figli, fatti salvi i casi di impossibilità materiale”. Il PD deposita alla Camera pdl identica.   Intanto anche il Senato inizia ad occuparsi del tema e la proposta di Crescere Insieme è di nuovo presente con i ddl 2014 (UDC, 14 luglio 2015) e 2049 (PD, settembre 2015, non stampato per i noti dissidi interni). In entrambi sta scritto: “«A prescindere dal rapporto tra i genitori il figlio minore ha il diritto, nel proprio esclusivo interesse morale e materiale, di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi, con paritetica assunzione di responsabilità e di impegni e con pari opportunità per i figli, salvo i casi di impossibilità materiale”. Il percorso del modello paritetico si completa con la formulazione attuale, già in corso di adozione: “«A prescindere dal rapporto tra i genitori il figlio minore ha il diritto, nel proprio esclusivo interesse morale e materiale, di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi, con paritetica assunzione di responsabilità e di impegni e con pari opportunità anche temporali per i figli, salvo i casi di impossibilità materiale”.

    Dunque è chiaro che da 10 anni Crescere Insieme porta avanti il modello della parità e delle pari opportunità, senza sconti, modificandolo solo nel senso di aumentare i paletti in sua difesa. E su questo una precisazione è d’obbligo: non è possibile redigere disposizioni che diano la garanzia assoluta di essere osservate. Il D.lgs 154/2013 ne rappresenta una dimostrazione evidente e attuale. Senza avere delega in materia di affidamento e avendo l’incarico di eliminare ogni discriminazione tra filiazione naturale e legittima il decreto entra dove non poteva e introduce differenze tra i figli dove non c’erano. E ciò per opera non del Parlamento o del Governo, ma della magistratura, chiamata a redigerlo in violazione del principio della separazione dei poteri. Quindi, tutto può succedere. Ma, proprio per questo, è il caso di annacquare le proprie giuste richieste? E’ un atteggiamento che mi ricorda quello di certi padri che mi riferiscono “Effettivamente lo vedo poco, ma l’avvocato mi ha detto di stare buono, di accontentarmi, se no rischio che lei non me lo faccia più vedere per niente …”.

Perdere senza giocare e addirittura impegnarsi per far passare una nuova fomulazione più arretrata della legge attuale… Sì, perché nel frattempo arriva con il ddl 1163 della scorsa legislatura il modello della “equipollenza” al posto della parità e del “paracadute” per farsi male di sicuro, ma un po’ meno…; commentati già ampiamente altrove. Mi limito, quindi, a riportare delle numerose versioni della proposta Pillon/Vezzetti la più significativa, pubblicata sul sito di Colibrì, perché rappresenta l’idea fondante: “  Il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con il padre e la madre, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambe le figure genitoriali, e di trascorrere con ciascuno dei genitori tempi adeguati, paritetici ed equipollenti, secondo i principi dell’affido fisicamente condiviso.

Deve in ogni caso essere garantita alla prole la permanenza di non meno di 12 giorni al mese, compresi i pernottamenti, presso il padre e presso la madre, salvo comprovato e motivato pericolo di pregiudizio per la salute psico-fisica del figlio minore”.

   D’altra parte, per rendere meglio l’idea del polverone che è stato alzato intorno al vero senso di questi differenti modelli riporto il corrispondente passaggio estratto dalle linee-guida del tribunale di Brindisi: “I figli …. saranno domiciliati presso entrambi i genitori … frequentandoli liberamente secondo le proprie esigenze in accordo con i genitori; ovvero, secondo il seguente prospetto:  fine settimana alternati dal venerdì all’uscita della scuola al lunedì al rientro; lunedì e martedì presso il genitore con cui non hanno trascorso il fine settimana, mercoledì e giovedì con il genitore presso il quale non lo trascorreranno. Ovvero qualsiasi altro modello equilibrato.” Bene, a dispetto dell’evidenza e del fatto che ho partecipato personalmente alla redazione delle medesime e mai sottoscriverei un rigo del modello Vezzetti/Pillon, ad esse esattamente antitetico, mi capita di sentir qualcuno sostenere che l’affidamento materialmente condiviso “va nella stessa direzione delle linee-guida di Prindisi e le realizza”. Lo definirei “appropriazione indebita”….

    Comunque, a questo punto resta da capire perché sta succedendo tutto questo. Perché Simone Pillon, al quale va riconosciuto il merito di avere portato immediatamente all’attenzione del Parlamento questa specie di patata bollente che chissà chi e quando avrebbe avuto il coraggio di prendere in mano, non si è accontentato di essere semplicemente il traghettatore di un testo già perfettamente definito e limato da una quantità di interventi precedenti? Oltre tutto trovando la facile adesione pressoché di tutte le forze politiche, già compromesse e impegnate su di esso. Poteva (potrebbe ancora) essere un veloce giro di valzer.

   Capisco bene, umanamente, che se al vanto di avere concluso l’azione si può aggiungere quello di averla impostata, di avere trovato una soluzione nuova, originale, il grimaldello per scardinare porte altrimenti chiuse, ciò aumenta piacere, prestigio e visibilità. Ma bisogna che sia vero e che sia una via praticabile. Nel nostro caso, né l’uno né l’altro. Tutti i parlamentari che in precedenza hanno affrontato il tema hanno avuto il buonsenso e l’umiltà scientifica di acogliere e fare proprio il lavoro già svolto.   Oltre tutto, Simone Pillon se va avanti così assume una posizione non coerente non soltanto con il Contratto di Governo, ma neppure con gli impegni presi dal suo partito in campagna elettorale. Vogliamo  rileggerli? “Rivisitazione e riforma degli istituti di diritto di famiglia in sede di separazione e divorzio in merito all’affidamento condiviso dei figli nel senso di renderlo effettivo e di assicurare la valorizzazione delle figure genitoriale anche paterna. Introdurre parametri oggettivi al fine di eliminare una eventuale discrezionalità nella decisione da parte del magistrato. Assicurare la permanenza del figlio con tempi paritari tra i genitori, rivalutando anche il mantenimento in forma diretta (ognuno provvederà al mantenimento del figlio senza corrispondere all’altro alcun sostentamento).” Della “equipollenza” (qualità del tempo al posto della quantità), degli sconti e dei paracadute neanche l’ombra. Il ddl che ci è stato descritto, insomma, non è “la proposta della Lega”, ma solo l’orientamento attuale di un suo senatore.

    E, aggiungo anche, tutto il progetto si presenta – sulla base di come è impostato – ambiguo, illogico e contraddittorio. Mi limito a un esempio, intenzionalmente in altro ambito. Mediazione familiare e coordinazione genitoriale ora entrano nel processo ora ne escono, non solo nel turbinio delle riscritture, ma anche in passaggi diversi all’interno dello stesso testo. E Il pericolo maggiore è rappresentato dall’idea che non importa preoccuparsi adesso di fare attenzione a ciò che si scrive,  “tanto si può rimediare con gli emendamenti”. Una operazione che sarebbe invece complicatissima e assurda, perché gli emendamenti sono il terreno di gioco dell’opposizione, non del proponente. Un espediente solo dialettico, che mi fa pensare a un produttore che, servendo per un certo ruolo una ragazza bionda, alta ed eterea, anziché ingaggiarne una già tale, presente e disponibile, vuole imporre al regista (per suoi motivi personali)  una brunetta piccola e formosa, sostenendo che “tanto poi le mettiamo i tacchi, le tingiamo i capelli e le fasciamo stretto il seno…”. Non serve cambiare una parola qua e una là, come si è fatto finora. Il progetto manca dei fondamentali, di una ispirazione unitaria e coerente; è per questo che è così pesantemente afflitto da ogni tipo di criticità. Va cambiato il testo base.   Ma, Simone Pillon come potrebbe uscirne? Ne ha il modo, viste le versioni che sono state fatte girare?   Certo: il relatore sceglie il testo che vuole e può anche riscriverne uno nuovo di sana pianta. Nulla di irreversibile. Non solo Crescere Insieme, ma ritengo l’intero panorama associativo, è pronto ad applaudire un suo coraggioso ripensamento.

    Concludo smontando l’ultima roccaforte del “fisicamente condiviso”: “ce lo chiede la scienza internazionale”. Copio e incollo dalla relazione Vezzetti in Senato sul ddl 957: “Su oltre 800 studenti, figli di separati, del primo anno della facoltà di psicologia della Università dell’Arizona il prof. Fabricius alla domanda “A posteriori, quali ritieni dovessero essere i tempi di coabitazione presso i tuoi genitori? ottenne come risposta di gran lunga prevalente “Tempi paritetici”. Vezzetti ha tutto il diritto di fare una capriola e optare oggi per il “paracadute”; solo che citava altri e non risulta che i più di 800 giovani intervistati abbiano cambiato idea.


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